Se Omero nello scrivere l’Odissea ha scelto un tronco intagliato di Ulivo come letto nuziale di Ulisse e Penelope, probabilmente vuol dire che questa pianta ha avuto un ruolo molto importante nella storia dell’uomo. È presente sin dalle origini della civiltà, in tutte le epoche per la sua importanza simbolica e per ciò che se ne ricava coltivandola, prima l’oliva frutto e alimento, poi l’olio il suo prodotto. Oggi è simbolo del Mediterraneo, si potrebbe dire che unifica i popoli e le nazioni che si affacciano su questo mare.

Ed è questo valore simbolico ma anche figurativo che ci interessa cogliere. Un tronco di pianta secolare avvitato su se stesso che disegna rughe e solchi sulla superficie della corteccia, come un’astrazione segnica al tempo stesso casuale e armonica, una scultura disegnata dal tempo, viva e cangiante, che affascina e incanta come quando si guarda il fuoco, le nuvole o le stelle.

La longevità di questa pianta, centenaria lascia spazio all’immaginazione della memoria (quelle del Parco della valle dei templi di Agrigento sono “Alberi monumentali” l’età è considerevole, sicuramente pluricentenaria, ma impossibile da determinare con precisione). Anche i pittori hanno spesso scelto l’Ulivo come oggetto delle loro rappresentazioni.

Di particolare interesse quanto scrive lo stesso Van Gogh nel corso di un soggiorno a Saint Rémy, Provenza, in una lettera al fratello Theo, datata 18 novembre 1889:

“ […] Il fatto è che questo mese ho lavorato fra gli uliveti, perché mi avevano fatto arrabbiare coi loro Cristi nell’orto degli ulivi, dove non c’è niente del vero.
[…] L’olivo è cangiante come il nostro salice.
[…] Ora ciò che il salice è da noi lo sono con la stessa importanza l’olivo e il cipresso qui. […].”

Tra le opere dipinte a Saint-Rèmy, dove Van Gogh risiedeva dal gennaio del 1889, a causa del suo ricovero volontario presso l’ospedale psichiatrico di Saint-Paule-de-Mausole, situato nella campagna provenzale, molte ritraggono “campi di grano, uliveti, iris e cipressi”.

L’arte si rinnova, e continua ad essere linguaggio, nel 1998, anche il poliedrico Maurizio Cattelan sceglierà un Ulivo vero e proprio per una sua opera, oggi nel Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli.

Non si può quindi che rimanere affascinati quando si entra in contatto con l’Ulivo e con il suo frutto, ci si approccia con lo stesso rispetto reverenziale di quando si parla di un monumento storico o artistico.

Forse oggi tutto ciò un pò sfugge, a volte dimentichiamo che il “condimento” per eccellenza, l’olio, abbia alle spalle tutto ciò, relegandolo alla sola soddisfazione soggettiva, del palato.

Noi con il nostro lavoro siamo spesso chiamati a riportare in evidenza questi valori storici e simbolici che vanno oltre la superficie. Sembra un ossimoro, ma chi si occupa di comunicazione aziendale, di progettazione visiva e dunque di dare una veste ad un prodotto – curandone l’aspetto esteriore – deve invece evidenziare e scavare in profondità.

Deve dare spessore, attingere ai valori, riempire di significato, proprio per non lasciare al solo senso estetico soggettivo il compito di percepire, leggere e interpretare facendosi guidare dal solo “mi piace o non mi piace”.

Non si tratta quindi di “abbellire” ma al contrario di dare “sostanza”, restituire quell’autorevolezza che spesso non riconosciamo o che sbadatamente non consideriamo.

Atelier 790 ufficioProgettare un codice di comunicazione visiva, che una volta interpretato, consente di leggere capire, comprendere e apprezzare i contenuti. È un compito non semplice spesso è anche una responsabilità.

Nell’operatività diventa rigore e conoscenza della Tipografia (intesa come disciplina nell’uso dei tipi, caratteri tipografici, e nella composizione dei testi), della leggibilità, dei colori, dei materiali delle superfici delle immagini, del controllo della funzionalità e dei costi. Aspetti oggi imprescindibili. Un lavoro necessario a valorizzare per farsi apprezzare.