La “Villa” romana

A partire dalla fine del II sec.a.C. fino al II sec. d.C. la produzione dell’olio, si colloca al vertice dell’agricoltura italica, come confermano le opere degli scrittori romani di Agraria, infatti apprendiamo da Catone, Varrone e Columella, quali fossero i criteri ispiratori del buon romano, che investe il suo patrimonio nella terra.

Un insediamento extraurbano tipico del paesaggio agrario nei secoli II a.C. al II d. C. è la “villa” romana, in origine, nacque, essenzialmente come villa rustica, cioè come abitazione del proprietario, che coltivava direttamente la sua terra.

La “Villa” era sostanzialmente, una casa colonica con normali funzioni di azienda agricola, autosufficiente a conduzione familiare. Un contesto in cui il proprietario seguiva il più possibile e personalmente l’agricoltura, spesso l’unica attività del fundus , combinata con la funzione di dimora della villa. Dal fondo agricolo ad essa afferente dipendeva quasi unicamente la l’economia dei proprietari: da essa questi partivano per andare in città ad adempiere ai propri doveri civili.

Dopo la seconda guerra punica, quando Roma si trovò ad essere, quasi improvvisamente, signora del Mediterraneo ed ingenti ricchezze, costumi, modelli, penetrarono nella sua società, a seguito di questo arricchimento materiale e dello sviluppo culturale, la villa si andò trasformando. Cominciò pertanto a rappresentare l’immagine oltre che del fundus, anche del proprietario e del suo rango, della sua mentalità e della ricchezza.

Catone il Censore nel capitolo X del “De Agri Coltura” descrive anche nei dettagli, quanto si richiede in attrezzatura e personale per un praedium da coltivare ad olivi: “ Esso deve avere una superficie di 240 iugera e dispone oltre che di un fattore, della moglie di lui ( villicus e villica) di cinque operai, di tre bovari per l’aratura, di un  asinarius per i trasporti e di un guardiano per porci”.

Per la produzione di olio raffinato era indispensabile ricorrere alla sgocciolatura delle olive nel cosidetto trapetum, apparecchio rudimentale di pietra lavica composto da due macine emisferiche montate sopra un asse, che giravano dentro una vasca circolare, dall’interno della quale venivano scaricate le olive.

Esemplare il passo in cui Catone spiega che fra la raccolta delle olive e la loro lavorazione deve passare il più breve tempo possibile:”Olea ubi lecta siet, oleum fiat continuo, ne corrumpatur” scriveva il Censore, “Quando si sia fatta la raccolta delle olive se ne faccia l’olio subito, affinché non si guasti”.

 

Disegno ricostruttivo di un frantoio di epoca romana
La Pars Fructuaria di una “Villa” romana.
Elementi costitutivi: Lacus, cella vinaria e olearia, horrea granaria, prelum e trapetum, nubiliarium, oporotheca, pristinum, macina.